Mi trovo in Alsazia, ho deciso di separarmi dai Rammstein per prendermi una pausa di riflessione qui in terra francese. Mi ritengo fortunata, dato che qui la gente parla anche un po’ di tedesco, trovandomi al confine con la Germania, ed essendo per me il francese una lingua ostica. Leggo le indicazioni e mi imbatto in lemmi incomprensibili, quali “La cathédrale”, “Restaurant”, “Université”, “Place de la République” e subito vengo preso da un’infera confusione, chiedendomi cosa diavolo vogliano dire queste espressioni, sentendo immediatamente la mancanza del mio adorato tedesco, lingua semplice e di facile fruizione per chiunque, basti pensare alla semplicità e immediatezza con cui l’assicurazione sanitaria pubblica viene definita, “Gesetzlichekrankenversicherung”. Non è una meraviglia? 😍
Penso a tutto questo e mi viene in mente che c’è una quantità immane di coppie che ha smesso di trombare da tempo immemore, libido sepolte da fiumane di sensi di colpa e del dovere, perché, oh, ormai siamo sposati, è ora di mettere la testa a posto, tanto c’è il viagra a dare una sistemata per quella squallida sveltina da fare una volta al mese, ma l’importante è aver messo su famiglia e far schiattare di invidia Annapaola, che frequenta Lanmauro da due settimane e ha già fatto finta di dimenticare lo spazzolino da denti a casa sua dopo del sesso squallido e maldestro, ma ormai ha messo le mani su di lui e ha già programmato le prossime settimane per una bella mostra d’arte contemporanea e uno spettacolo teatrale di Alvaro Vitali che recita Alda Merini, magari emettendo qualcuno dei suoi buffi gemiti tra un poema e l’altro ed eccoci qui, ali vicendevolmente tarpate, libertà negate per contentare nevrosi generazionali che si perpetuano in secula seculorum, ma lui lascia sempre la tavoletta del cesso alzata Santo Dio, e via di polemiche sterili e litigi miserabili su tematiche inutili per riempire i vuoti di una vita orribile e squallida, alla ricerca eterna del consenso di un padre anaffettivo e di una madre invidiosa della vostra giovinezza.
Amici e amiche, cito una persona che un tempo scrisse che c’è molta più verità nelle scappatelle coniugali, ove sussistono meno omissioni, meno silenzi passivo-aggressivi, meno atti mancati, a vendicare subdolamente mancate attenzioni pretese con capriccio infantile. Le corna sono una grande occasione di cambiamento, per capire chi siamo, per cogliere l’occasione di fare il salto e liberarci di un presente senza evoluzioni, senza salti di coscienza, occasione che coglierà uno su mille, mentre gli altri novecentonovantanove torneranno miseramente all’ovile, in quel tepore conosciuto che odora di muffa, preludio di impotenza e frigidità, conseguenza di una vita senza scossoni e senza turbamenti.
È una scelta come tante alla fine. Non vi è giudizio nelle mie parole, io stessa sono quasi vent’anni che non riesco a lasciare mio marito, afflitto come sono da una moglie che faccio fatica a sopportare ormai.
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E Crolla Impero
E crolla impero per man d’una prole
trina, incapace di venir a patti,
brina fugace ai lor volti, disfatti,
di tolla, invero, brucianti già a un sole
che cala triste su tristi lor, duole
noscer quel regno un bel tempo servito
smosciar indegno, in un lampo, rapito
da male piste. Egoisti non vuole
come pastor, cani sconsiderati,
stolte cicale, profuse incoscienti,
che nutronsi del sangue d’innocenti
e l’alma lor sì langue, o impenitenti!
E van gli amor, vani, desiderati,
all’occhi tuoi virenti. Ed adirati.
Giorni Nefasti
Su sabbia nera permango, ed assiso
rimiro il mare scuro piano e denso,
e mentre seggo a quell’avvenir penso,
l’uman consorzio già di furia intriso.
Ripenso al Padre, imperfetto, reciso,
il limite rimosso, ormai estenso,
rivoluzione che volge al melenso,
il vecchio saggio visto com’inviso.
Iconoclasti, che fan del passato
scarlatta e nuda carne da macello,
per libertà ch’avemmo assai implorato.
Giorni nefasti, dei qual non favello.
Imbratta, o Giuda, l’idol venerato,
viltà ch’intinge il sangue nel pennello!
Cocci
Pronta battaglia che a breve m’attende,
contro quel regno sì ingiusto e vigliacco,
ch’egual riserva al solerte e al bislacco
dedica e ignora chi al Fato protende.
Giudici iniqui, novelli Pilati,
lavano e sfregan le mani pelose,
onde vitare infezion venenose
da quelle gran selezioni stremati.
Quale destino mi spetta pertanto?
Quali manovre io possa condurre?
Star giù seduto alla riva e dedurre
di ritrovarmi con un sogno infranto?
E questi cocci, rimetterli assieme?
O fare sì di lasciarli alle spalle?
Rinnovar tosto il cammin dalla valle,
ai colli, in su, con la Vita che preme?