
Il tempo scorre inesorabilmente, mentre si fanno sempre più lontani i tempi in cui il sabato sera costituiva una sorta di obbligo all’uscita, allo spendere e allo spandere soldi e tempo nei locali della “movida” meneghina. “Movida”, giusto? È così che dite voi, quando utilizzate questo termine dal sapore ispanico per darvi un tono e per sentirvi un po’ “cool” e al passo con i tempi? Non preoccupatevi, fate comunque schifo, con le vostre camicie bianche da papponi e il vostro trucco che vi fa assomigliare alla salma di Mao. Rimembro bene che anche io indossavo una camicia bianca e mi truccavo fino ad assomigliare alla salma di Mao e, in questi tremendi, inauditi sabati sera, mi accompagnavo sovente di persone “rumorose”. Attenzione, cari utenti e care utentesse: quando utilizzo il termine rumorose, non intendo dire che fossero “chiassose”. Mi riferisco, altresì, alla loro presenza, da considerarsi alla stregua di segnali di disturbo rispetto alle reali informazioni di cui avevo bisogno ai tempi. Dunque sì, ho fatto molta fatica ai tempi per captare del segnale utile: i miei sensori, le mie antenne erano completamente soverchiate da fottuto rumore bianco gaussiano, nella forma del cicaleccio e del brusio di codesti manichini informi.
Non vi è rancore o rimpianto nelle mie parole, sia chiaro: questa sera mi sento con il cuore in pace ed è bene che mi goda le occasioni in cui non mi sento inquieta e tormentato. Dico solo che, forse, avrei potuto spendere il mio tempo più costruttivamente. Magari avrei potuto aprire questo blog molto prima, non perché a quest’ora avrei un numero di seguaci maggiore, la cosa mi interessa relativamente. Al contrario, mi piace l’idea che siate pochi stramboidi come la sottoscritta a seguire questa vaccata. Vedo generalmente pochi “likes”, per adoprare un lemma dal sapore anglosassone, ma posso percepire che sono dei “likes” sentiti, sinceri, che hanno molto più peso delle altrettante migliaia riversate sulle pagine di taluni opinionisti eunuchi, mi riferisco a coloro che dispongono unicamente di un orifizio atto alla minzione e vi inondano di piogge dorate di sentimentalismo a buon mercato, con storie intrise di amore morbidone, senza lasciare un segno tangibile, un’impronta, scoregge che si dissolvono nell’atmosfera, trascinate via dal vento implacabile della vita. Ma non divaghiamo, dicevo che so bene quanto i vostri “likes” siano autentici, così come i vostri “likes” omessi, il più delle volte evitati per non incappare in incidenti diplomatici, per sfuggire alla sorveglianza dei vostri fidanzati e delle vostre fidanzate gelose, delle vostre odiate migliori amiche con le quali siete in perenne competizione, in una lotta all’ultimo sangue tra complessi di inferiorità e mancanza di un’identità definita, tra pruriti negati per paura di rinunciare ai vostri equilibri precari, paura di amare e ostentazione di un rigore morale che non vi si confà, che altro non è che lo spettro vetusto delle paternali dei vostri genitori.
Rileggo quanto scritto e mi rendo conto che tutto questo non ha alcun senso, o forse sì. Non ha importanza, è solo un flusso di coscienza, qualcosa risuonerà in voi, qualcos’altro no, ma su una cosa ci tengo a rassicurarvi: i vostri segreti sono al sicuro, non preoccupatevi.
In fin dei conti, i vostri segreti sono anche i miei segreti, non potrò mai giudicarvi, cari batuffolosi e batuffolosesse.