Tagli al Personale

Ieri ho avuto modo di discorrere con uno dei dipendenti dell’azienda presso cui presto consulenza in qualità di esorcista. A quanto pare, l’amministratore delegato ha inviato una missiva a tutto il personale, nella quale si annunzia che ci saranno licenziamenti pari al dieci per cento della forza lavoro. Ho avuto modo di leggere la comunicazione inviata dal suddetto signore e devo dire che sono rimasta piacevolmente stupita dal tatto e dalla sensibilità umana mostrata da costui. La lettera comincia con una serie di complimenti nei confronti di tutti i lavoratori a seguito degli eccellenti risultati ottenuti nell’ultimo anno, per poi ahimè dichiarare che, a seguito della situazione geopolitica ed economica, sarà necessario “tagliare qualche testa” per rendere i processi più efficienti e ridurre i costi. Naturalmente il suddetto CEO ha avuto modo di chiarire che l’intero processo si svolgerà con estrema attenzione e delicatezza, ma soprattutto, nella maniera più professionale possibile.

Ho provato una punta di invidia nei confronti dei dipendenti dell’azienda. Come ben sapete, ho scelto di prendere in mano le redini del mio destino e di lanciarmi ormai molto tempo fa nel mondo della libera professione, ma piacerebbe anche a me, un domani, farmi licenziare in questo modo, con il sorriso sulle labbra, da parte di un padre che invita amorevolmente alcuni dei suoi figli a farsi da parte, a sacrificarsi per il bene degli altri fratelli, mostrando attenzione a non ferire i loro sentimenti, perché si viaggia meglio con un giogo lieve, con un bagaglio leggero. Posso immaginare il dolore provato da questi cosiddetti “top managers”, i quali hanno a cuore le sorti di ognuno dei lavoratori, sperando che questi ultimi abbiano lasciato nel loro cuore almeno il ricordo degli attimi di reciproca tenerezza scambiati nell’arco della giornata lavorativa. E sarà bello, un domani, mettere da parte i disappori e le incomprensioni, e ritrovarsi tutti insieme dinanzi a una pizza, perché in fin dei conti il posto di lavoro è la famiglia che uno si sceglie, l’azienda un porto sicuro ove non ci si sente mai soli, circondati da colleghi che sono anche amici, pronti a sostenerti nei momenti di difficoltà, un mondo fatto di coccole, di tenerezze, di abbracci che sanno di miele e paprika, fatto anche di sudore e sacrifizi, sì, ma che senza meno pagheranno sul lungo periodo.

Insomma, è proprio nel mondo del lavoro che si trovano i rapporti interpersonali migliori, è lì che regna l’amore puro, un amore totalmente esente da interessi di carattere personale, economici e di potere che siano.

O no? 🥰 😍😘

Via dall’Italia

È da un po’ di tempo che non vi mando uno dei miei affettuosi saluti e infatti mi avete scritto in tanti per chiedermi che fine avessi fatto. Ovviamente non è vero, siete in pochi a sollecitare un mio segnale, quasi sempre indirettamente, e va bene così. Qualcuno vorrebbe sapere chi si cela realmente dietro questo faccione rassicurante, ma posso assicurarvi che chi è venuto in contatto con le mie reali fattezze è impazzito a causa dell’orrore che è capace di scaturire dal mio vero volto, un orrore in grado di causarvi una tale disperazione da farvi rimpiangere i tempi del pentapartito.

Ma non divaghiamo, ho lasciato da qualche tempo la nostra amata Italia. Ho trovato un cliente in Germania e sono qui da qualche mese in questa Repubblica Federale efficiente, ma a suo modo mattacchiona e scalmanata. La gente del posto parla un tedesco biascicatissimo, quando non parla in dialetto bavarese, e sono dunque alle prese con una lingua infera che piazza il participio passato alla fine della frase principale, utilizza quattro casi per tre declinazioni, spezza i verbi in due e conta nel suo vocabolario una montagna di sinonimi. Questa è una delle ragioni per cui ho poco tempo per aggiornare questo schifo di pagina, come se poi ve ne fregasse davvero qualcosa degli sproloqui di un frustrato che fa prediche sull’Italia, con l’aggravante di starsene ora con il culo in caldo in un’altra nazione.

Ripenso a questa scelta, ripenso all’idea di aver lasciato i miei vecchi clienti, il mio vecchio capo Sorriso e il giovane Ilario. In particolare, mi manca quest’ultimo, con il caschetto da nazista, mi manca la sua ambizione patologica, la sua totale mancanza di empatia, il suo trattare i colleghi come amiconi a cui piantare la fatidica coltellata alla schiena. Mi mancano gli sguardi omicidi che mi lanciava quando lo facevo cadere in contraddizione, le contraddizioni del Millenial ingestibile che vuole cambiare il mondo, ma non sa da che parte cominciare, ossessionato com’è dal diventare migliore di suo padre palazzinaro, mentre lecca i culi di chiunque sia un gradino sopra di lui nella scala gerarchica, mentre sua moglie ingrassa e sfiorisce e attende solo una carezza, una tenerezza, una sguardo e un sorriso che non giungeranno mai, sedotto completamente dalla sua volontà di potenza e dai suoi desideri narcisistici che, sul lungo periodo, lo lasceranno con un pugno di mosche, con due figli ormai adulti che non se lo cagheranno di striscio e, con buona probabilità, non si presenteranno neppure al suo funerale.

Ripenso a Ilario, ripenso a tutti coloro che restano in Italia convinti di riuscire a cambiare un paese governato nel pubblico e nel privato da cariatidi e da tromboni mai sazi della loro ambizione, identificati unicamente nel loro cazzo di lavoro, che fanno prediche ai più giovani perché incapaci di guardarsi allo specchio e intanto stanno là con il culo in poltrona fino a ottanta, novant’anni, a fingere di agire per il bene delle loro famiglie, dei loro figli, quando in realtà sono solo mossi dalla paura, sarebbero disperati, perduti, dimenticati, sbattuti nel dimenticatoio se mollassero tutto, e si aggrappano a qualcosa che non c’è più, a un ruolo obsoleto e decadente, incapaci di accettare che il tempo sta per scadere, che nel giro di qualche mese dopo il loro trapasso non si ricorderà più nessuno di loro, mosche di passaggio, meglio ancora, zanzare che succhiano il sangue altrui per colmare il vuoto cosmico che hanno dentro, figli di genitori retrogradi a loro volta figli di genitori altrettanto retrogradi e vigliacchi, che gli hanno resi sospettosi e paranoici nei riguardi del mondo esterno e agiscono solo nel bene della famiglia, ed è proprio il familismo, il cazzo di cancro di questo paese, una società di sette dove si viene educati alla diffidenza verso il prossimo, quando è proprio di quei burattinai dei vostri genitori che dovreste diffidare, se volete vivere una vita libera da condizionamenti e capire che al contrario il mondo là fuori non fa così paura come sembra e, se davvero volete fare “impresa”, non occorre essere dei cazzo di Steve Jobs, ma potreste cominciare semplicemente ad avere uno sguardo più ampio verso il mondo e verso il prossimo, senza divenire amici di tutti, naturalmente, altrimenti correreste il rischio di trasformarvi anche voi in un giovane Ilario dal caschetto nazista e impotente, ma santo Dio, trovate qualcuno di cui fidarvi fuori da casa vostra con cui condividere un’idea, un sogno, un desiderio, Cristo santo!

Nessuno leggerà questo post, è troppo lungo. Meglio così, è bene che questa roba non abbia troppa visibilità, non verrebbe capita.

San Valentino

Un mio pensiero non poteva mancare nel giorno di San Valentino. Vedo un gran parlare di questa ricorrenza, qui sulle reti sociali, vedo grande esperienza da parte degli utenti e delle utentesse in merito a questo cosiddetto “amore”, coppie felici, single altrettanto felici, insomma, qualunque sia la vostra condizione, mi fa molto piacere che siate così lieti. Davvero, ve lo dico con sincerità: le vostre manifestazioni di giubilo in merito al vostro stato sentimentale sembrano davvero spontanee e autentiche. Chiunque abbia dei dubbi e pensi che la vostra sia solo un’opera di autoconvincimento, rafforzata dal miserabile consenso ottenuto dai vostri “amici” mediante i loro “likes” e le loro “reactions” è senza meno in malafede.

Cari utenti e care utentesse, qualcuno dovrà pur dirvelo, ma, ahimè, invero vi sono ben pochi motivi per esser lieti. La vostra ostentazione di giubilo presenta probabilmente una proporzionalità quadratica, per non dire cubica, al grado di disperazione che provate quotidianamente, al pozzo nero della vostra miseria che ignorate e cercate di anestetizzare qui in rete, nella convinzione di vivere delle vite meravigliose e di successo. La verità è che la vostra vita fa schifo esattamente come la mia. Se siete celibi o nubili, non siete liberi, non state ricominciando da voi stessi o da voi stesse, siete solamente soli come cani e state negando a voi stessi quanto abbiate disperato bisogno di un abbraccio, di una carezza, di un bacio. Bene, sappiatelo: quelle attenzioni non vi giungeranno mai. Nel momento in cui qualcuno proverà ad avvicinarsi a voi, lo farete scappare a gambe levate nel giro di una settimana, nel momento in cui lo utilizzerete come valvola di sfogo su cui riversare tutti i vostri conflitti irrisolti con vostra madre e con vostro padre.

Per quanto riguarda le coppie, invece, sarò sintetico: non prendetevi per il culo, si vede lontano un miglio che non vi amate. Lui cerca un surrogato di sua madre in cui infilare, sempre più di rado con il passare del tempo, il proprio uccellone. Lei cerca solo un mezzo per procreare e per utilizzare il proprio stato interessante o la propria prole per dimostrare alle sue odiate “amiche del cuore” di avercela fatta.

Insomma, cari utenti e care utentesse, buon San Valentino del cazzo. 🥰😍😘