Cadon macerie al castello dorato,
solerti sudditi noi, avemmo in cura,
giacché, quel triumvirato rassegnato
per negligenza sua causò iattura.
E tocca ordunque proluder, nebbiato
dal meto infìdo, sottile paura,
per volger al diman sempre ignorato
e perseguir coscienza, la più pura.
È quindi tempo d’andar al cammino
pur lacerato, tirato da numi
opposti nel volere, dispettosi:
il primo, che scenari perigliosi
dipinge; l’altro, ch’eccede di lumi,
fa correr l’àlea e m’inebria di vino.