– A fine anno, Dino ci lascia, ha trovato un cliente in Belgio disposto a pagarlo il doppio.
Ilario strabuzzò gli occhi fissando Michele, intanto che il ventre gli si infiammava, a seguito di quella inaspettata notizia. Lanciò un’occhiata attonita a destra e a sinistra, più volte, con la coda degli occhi, pensando a quale frase ad effetto utilizzare per uscirne pulito e non lasciar trapelare sentimenti ostili e replicò: – Cavolo, è un fulmine a ciel sereno, mi spiace sempre quando una persona in gamba ci lascia!
Si congedò dal suo collega e percorse lentamente i corridoi aziendali, con il capo leggermente chino e fissando il pavimento, rimuginando su quella notizia che poteva finalmente dargli la grande opportunità di succedere al suo mentore, di prendere il suo posto di responsabile su quell’ambito e prestigioso progetto di manutenzione di un database che raccoglieva i dati sui consumi dei clienti di un grosso fornitore di energia elettrica. La bocca gli si riempì di saliva e deglutì voluttuosamente, intanto che la sua volontà di potenza, la sua brama di essere il numero uno lo aveva invaso.
– Dino va via, quel posto dev’essere mio… – pensava Ilario, mentre gli si formava un nodo alla gola, sintomo di un entusiasmo delirante.
Pensò a quale potesse essere la strategia migliore per poter conquistare l’ambito posto, quella piccola poltrona mediante la quale avrebbe potuto farsi bello con i suoi famigliari e con i suoi amici, strumento da adoperare con lo scopo di vendicare finalmente le angherie subite alle scuole elementari, con cui avrebbe potuto finalmente trovare un posto nel suo piccolo mondo borghese di certezze di plastica, raggiungendo lo status di lavoratore, buon padre di famiglia e buon marito, per quanto sua moglie Martina stesse continuando a sfiorire e a ingrassare. Era trascorso ormai più di un anno dall’ultima volta in cui avevano fatto l’amore per via dell’impotenza di Ilario, dovuta al suo lavorare alacremente e incessantemente, causata da una libido concentrata tutta sulla produttività e sul desiderio di rivalsa. Mentre a passi lenti proseguiva nella sua lenta passeggiata lungo il corridoio, gli sovvenne quanto letto mesi prima su uno dei suoi numerosi manuali di auto-aiuto, secondo il quale era opportuno non mostrarsi mai interessati a un posto di comando, ma bisognava ingraziarsi prima il leader, miscelando adeguatamente compiacenza e spirito critico, in modo da lusingare, ma mostrarsi al contempo aperti al confronto. Sì, pensava Ilario, era quella la strategia giusta. Avrebbe contattato Dino sulla chat aziendale con una scusa, certo del fatto che lo stesso Dino avrebbe riconosciuto il suo talento come leader e avrebbe senza meno passato il testimone a lui. D’altro canto Ilario, oltre a ritenersi un tecnico informatico molto valido, diceva di se stesso di essere un eccellente comunicatore. Generalmente, rientrato a casa dall’ufficio, salutava svogliatamente Martina e i suoi figli, per chiudersi immediatamente in bagno e passare ore davanti allo specchio a ripassare ogni tipo di discorso, ogni possibile situazione con i propri colleghi e responsabili, cercando di adoperare un italiano corretto e imponendosi una postura autorevole, nella convinzione che con quella patetica recita avrebbe ottenuto il rispetto degli altri.
Ilario raggiunse la sua postazione. Dino non era in ufficio in quei giorni, in quel momento si trovava in una stanza d’albergo a Vasto. Approfittando della possibilità di lavorare da remoto, aveva deciso di fare comunque un salto al mare, sapendo che nel giro di un paio di mesi, avrebbe dato il ben servito ai suoi vecchi clienti per una nuova avventura all’estero.
Ilario aprì la chat aziendale e gli inviò il primo messaggio:
– Buongiornissimo Dino, posso disturbarti un secondo?
Dino ricevette una notifica sulla sua chat, lesse quel buongiornissimo e capì immediatamente dove voleva andare a parare il suo giovane e ingenuo collega. Un sorriso sornione solcò il suo volto, ben sapendo che, ancora una volta, gli si era presentata l’occasione per spezzargli sottilmente il cuore. Si concesse una grassa e sincera risata, fresco e riposato come si sentiva, dato che l’aria di mare gli faceva bene e amava passare giornate intere per fatti suoi senza vedere nessuno. A quel punto, fece un profondo respiro e replicò:
– Ciao Ilario, dimmi tutto.
– Ascolta, innanzitutto volevo farti i complimenti per come hai tenuto testa al responsabile tecnico del nostro cliente, nella riunione di tre giorni fa. Ho davvero apprezzato l’autorevolezza e la diplomazia con cui sei riuscito a chiudere la prima fase del progetto e a ottenere il primo pagamento. Volevo farti però un piccolo appunto: dal mio punto di vista, mi sembra giusto inserire nella minuta dell’incontro la proposta fatta da Giuseppe in merito al possibile miglioramento delle prestazioni del database. Lo dico naturalmente perché è giusto, quando si fa un lavoro di squadra, riconoscere i meriti dei singoli.
Dino lesse quella ridicola recita e scoppiò nuovamente a ridere. Aveva previsto mesi prima che quel piccolo stronzetto avrebbe cercato di ingraziarselo per cercare di prendere il suo posto, dato che aveva tentato più di una volta, invano, di fargli le scarpe con quell’inutile metodo manipolatorio. Ora che stava per andar via, quel piccolo sciacallo non vedeva l’ora di saccheggiare tutto quello che Dino aveva costruito in quei cinque anni. Dino fece un respiro ancora più profondo e rispose:
– Grazie mille dei suggerimenti Ilario, sono davvero lusingato, ma soprattutto terrò in debito conto il tuo punto di vista. Correggo subito la minuta e la mando al cliente. Non so come farei senza di te.
– Figurati, per me è un piacere! – replicò Ilario, nell’illusione di aver fatto breccia nel cuore di Dino.
– Ah, Ilario – fece ancora Dino – a questo proposito, forse lo avrai saputo, ma credo sia giusto che te lo faccia presente, anche perché è una novità che ti coinvolge significativamente: a fine anno vado via.
– Ah…non lo sapevo Dino, mi dispiace tantissimo! Sicuramente lascerai un grande vuoto! – rispose Ilario, fingendo stupidamente di non sapere nulla.
– Mah…siamo tutti sostituibili, soprattutto il sottoscritto. – Dino amava fare sfoggio della sua falsa modestia, che utilizzava per mettersi in una posizione di vantaggio. Dino era uno stronzo che non lasciava nulla al caso. Poi proseguì:
– In ogni caso, ho pensato a lungo su chi possa prendere il mio posto di responsabile. Ho riflettuto molto anche sul modo in cui hai lavorato in questi cinque anni, oserei dire in maniera infaticabile e credo di doverti ringraziare, perché i risultati che hai prodotto sono stati notevoli. Forse in alcuni momenti, tra me e te, ci sono state delle incomprensioni e forse è giusto che una persona talentuosa come te non abbia bisogno di un angelo custode e di continui controlli da parte del sottoscritto.
Ilario gongolava, sentiva di aver fatto centro e cominciò a far viaggiare la fantasia. Già si immaginava fare sfoggio del suo presunto carisma, già fantasticava sulla prima riunione in cui avrebbe annunciato con tono di voce autorevole, ma al contempo amichevole, di essere il nuovo responsabile del progetto, già sognava una fila interminabile di colleghi presso la sua postazione, alla ricerca di una risposta a qualsivoglia dubbio, già concepiva con la sua fantasia di pianificare attività, budget, scadenze, sentendosi un riferimento per gli altri, una guida e un mentore. Sapeva che era finalmente arrivato il suo momento, era solo in attesa che Dino deponesse la corona per porla sul suo cranio. Mancava pochissimo ormai, tutto questo si sarebbe concretizzato in pochi istanti. Ilario chiuse gli occhi, respirò profondamente e attese che Dino concludesse il suo discorso.
– Ilario, forse in questi anni c’è stato qualche problema di compatibilità tra me e te il più delle volte, non credo di essere stato per te il responsabile più adatto, vista la tua autonomia e indipendenza nell’affrontare il lavoro. Di questo ti chiedo scusa, perché è mio compito capire l’indole e le attitudini dei miei collaboratori.
– Non dire così Dino – rispose Ilario servilmente – sei stato un ottimo responsabile, ad avercene di persone come te!
– Ed è per questo, Ilario – proseguì Dino – che serve un leader più adatto per questa attività. Ilario, ci ho pensato a lungo, ti ho osservato in questi anni e meriti che il tuo lavoro venga riconosciuto. Ho già parlato con Sorriso in merito.
Ilario non credeva ai suoi occhi, il suo più grande desiderio si stava per avverare.
– Sarà Paolo a prendere il mio posto, Ilario. Paolo ha l’autorevolezza giusta e anche una buona compatibilità con un carattere come il tuo. La cosa è stata già ufficializzata con il cliente.
Nel leggere quelle parole, l’entusiasmo e la gioia di Ilario si convertirono immediatamente in una fiammata che fece il suo volto di bragia. Una fitta atroce lo colpì all’altezza del fegato, intanto che, come raccontava spesso al suo psicanalista, presso cui aveva già scialacquato migliaia di euro, aveva la percezione che le carni gli si staccassero dalle ossa. Le mani cominciarono a tremargli ed ebbe a malapena la forza di digitare, in risposta al suo ex-mentore:
– Come preferisci…ciao Dino, in bocca al lupo…
– Ciao Ilario, grazie ancora di tutto! In gamba!
Dino chiuse il suo portatile e scoppiò in una fragorosa risata. Indossava già costume, ciabatte e una maglietta da pochi euro. Prese il suo telo, aprì la porta della sua stanza, scese in reception, consegnò le chiavi della stanza e si recò con passo leggero in spiaggia, con un largo sorriso. Si sentiva euforico come un ragazzino, pienamente quarantenne ormai, ma gli era tornata finalmente la voglia di vivere e di ricominciare.
Ilario rimase impietrito per circa venti minuti davanti al suo computer, intanto che i suoi occhi si erano riempiti di lacrime, come se una parte di lui fosse morta. Si sentiva svuotato, privo di vitalità, intanto che una rabbia dal sapore patricida si faceva strada. Stringeva i pugni tremanti, ripensando alle opportunità perse, ricordando i suoi vecchi compagni di scuola che lo prendevano in giro, ripensando a suo padre, palazzinaro toscano, che lo faceva sentire continuamente un fallito. Il bruciante fantasma dell’umiliazione tornò a fargli visita, mentre aveva la sensazione di rimpicciolirsi, di non contare più nulla. Non si era mai sentito così solo.
Rientrò a casa dall’ufficio, salutò svogliatamente Martina e i suoi figli, per chiudersi immediatamente in bagno. Sedette sul gabinetto, portò entrambe le mani sul volto, tentò di scoppiare in lacrime, ma non ci riuscì. Dopo quindici minuti, con il pianto fermo in gola, rassegnato e completamente sopraffatto dal dolore, si alzò in piedi, si mise davanti allo specchio e ricominciò a ripassare ogni tipo di discorso, ogni possibile situazione con i propri colleghi e responsabili, cercando di adoperare un italiano corretto e imponendosi una postura autorevole, nella convinzione che con quella patetica recita avrebbe ottenuto il rispetto degli altri.
Anche quella sera, lui e Martina non avrebbero fatto l’amore. Martina avrebbe compreso, pazientemente, ancora una volta, intanto che sfioriva e prendeva ancora un chilo in più.
Il giorno dopo, nulla sarebbe cambiato.
La recita sarebbe ricominciata.