Gli Antichi Valori della Tradizione

Mi rifaccio viva finamente, sculettando come sempre nei limiti del possibile, sempre cercando di preservare quel minimo di dignità che si confà a noi uomini d’altri tempi. Vi ricordate quando c’erano ancora i valori? Non ricordo esattamente la data e l’ora, ma a un certo punto quegli antichi valori della tradizione sono scomparsi per fare posto a un presente scellerato, un mondo pazzo e frenetico fatto di giovani che non conoscono la fatica e vogliono tutto e subito. Ai nostri tempi non era mica così, giusto? Vi ricordate quando tutti avevamo come minimo cinque fratelli e sorelle, a pranzo sedevamo puntuali attorno a una tavola imbandita, nostra madre, con indosso tipicamente un grembiule a quadri sporco di farina, sembrava una vecchia raggrinzita nonostante avesse venticinque anni e nostro padre, con i suoi lunghi baffi ottocenteschi, in cravatta, camicia bianca, pantaloni e bretelle, sulla testa un buffo copricapo, sedeva a capotavola impartendo una rigorosa disciplina, fatta di schiene dritte, lezioni di vita e parabole, e noi figli ascoltavamo con rispetto e venerazione, mica come adesso, che voi giovinastri non riconoscete l’autorità e siete una manica di scapestrati, col cavolo che ve lo compro il motorino se non prendete almeno sette in aritmetica, come se di questi tempi qualcuno abbia veramente ancora voglia di andare in moto, presi come siete a disfarvi di manovelle sulle reti sociali, a sperare di raccattare uno straccio di appuntamento con una ragazzaccia filtrata in foto, che una volta conosciuta, se vi va bene, avrà un fiato micidiale, avendo svariati problemi con l’alcol e una dipendenza decennale dal fumo, oltre che a soffrire di sbalzi d’umore perché elemosinerà in voi l’amore che non ha ricevuto da suo padre, mentre quest’ultimo butta nel cesso per lei come minimo quattrocento euro al mese di inutili sedute di psicoterapia.

Tutto questo per ricordarvi che siamo solo flebili puzzette di passaggio in questo grande ascensore che è l’universo, che si dissolveranno una volta apertasi la porta, siamo tutti accomunati da una profonda miseria esistenziale, pur cercando di mostrare al pubblico una bella confezione, un’apparenza che cela malamente l’orrore delle nostre anime tormentate. Intanto ascolto le vostre storie, di voi che siete rimasti in Italia per le ragioni più svariate, e mi rendo conto che il problema grosso del Belpaese non è questo continuo spauracchio del ritorno del fascismo, ma il neoliberismo, che ha definitivamente americanizzato il mercato del lavoro e cinesizzato gli stipendi, riducendo il welfare a minimi termini, con biblici tempi di attesa per i servizi sanitari e con scuole pubbliche trasformatesi ormai in giungle dove i docenti sono costretti per quattro spiccioli a fare un lavoro da burocrati e da imbrattacarte a discapito dell’insegnamento. Per puntare alla qualità bisogna mettere mano al portafogli sempre e comunque, ma intanto gli stipendi si contraggono e l’inflazione galoppa e sembra che non ci sia una via d’uscita da questa spirale, mentre corriamo tutti nella ruota del criceto, una ruota abbellita di promesse e di pacche sulla schiena, ma sapete com’è, quest’anno è stato un anno difficile e purtroppo non c’è budget per gli aumenti, ma vi prometto che tra qualche mese avrete quello che vi spetta, bisogna avere pazienza e poi, oh, non siete ancora pronti per quell’incarico, dovete ancora imparare un sacco di cose, siete ancora giovani, non abbiate fretta.

Amici e amiche, abbiamo sempre da imparare, mi domando cosa ci facciate ancora in Italia. La Germania non è il paradiso, l’erba del vicino e sempre più verde, anche i nostri amici teutonici si lamentano continuamente del loro paese, che “non è più quello di una volta”, ma sappiamo bene che la nostalgia edulcora il passato e l’uomo è uguale ovunque, nel suo nucleo, nel suo nocciolo più profondo. In ogni caso, qui si campa per il momento meglio, la Germania ha un modello di economia di mercato sociale, almeno prova a essere meritocratica e a dare degli stipendi dignitosi ai professionisti, con uno Stato che comunque riesce a tutelare i più deboli e i propri cittadini nei momenti di difficoltà. Ho lasciato a malincuore la nostra povera Italia e credetemi che la nostalgia di un espatrio è davvero un sentimento lacerante sovente, ma, ahimè, vi chiedo che cosa vi spinge a restare ancora lì, oltre alla rassegnazione e quella maledetta illusoria speranza che le cose possano cambiare veramente.

Questo la dice comunque lunga sul mio definitivo processo di fichettizzazione. Da quando mi interessa qualcosa della vostra opinione?