Al termine di un frugale pranzetto, ne approfitto come sempre per buttare il mio occhietto impertinente qui sulle reti sociali: nulla di nuovo naturalmente, la solita povertà di contenuti, le solite ovvietà impacchettate a guisa di pensieri profondi, stronzi fumanti infiocchettati e venduti alla massa come ghiotta cioccolata, che una volta scartata rivelerà l’orribile odore e sapore della bassa qualità dell’informazione che ci viene quotidianamente propinata. Quello che mi fa sperare sono i commenti, grazie a Dio la gran parte dell’utenza deride e schifa questo orrore, salvo qualche utentessa reduce da qualche separazione che non si assume nessuna responsabilità della fine della relazione e cerca consolazione in qualche massima farlocca sul gentil sesso attribuita erroneamente a Butkowski o a C.G. Jung da cui si sente autorizzata a continuare a fare la vittima invece di rimettersi a caccia di uccelloni, lutti mai elaborati, ferite mai sanate.
Ma non divaghiamo. Dicevo che sono piacevolmente stupita, perché l’utenza media sembra meno pecorona di quello che sembra. Il problema è bensì un altro: questi fornitori di contenuti sono solo interessati ai numeri, non al tenore dei commenti o alle reazioni irrisorie dinanzi a tale miseria intellettuale e hanno ben capito che un contenuto non resta impresso solo quando trasmette gioia, ma soprattutto quando irrita. Fate caso alle pubblicità quando siete in auto e ascoltate la radio: ma quanto sono irritanti i dialoghi e i tormentoni degli annunci? In questo caso vale il detto “tutto il mondo è paese”. Ancora non ho una profonda comprensione della lingua di Goehte, ma anche qui in terra teutonica le pubblicità vengono strutturate alla stregua di dialoghi snervanti e stupide filastrocche che però, pur irritando le nostre passerine, rimangono impresse, vengono metabolizzate e ci costringeranno a comprare l’ennesimo inutile prodotto per anestetizzare i nostri dolori, colmare temporaneamente i nostri vuoti esistenziali, completare momentaneamente la nostra incolmabile incompletezza.
Cari italiani e care italianesse, faccio seguito a un appello che già il Maestro Persone che pubblicano canzoni impegnate e non ne capiscono il significato aveva a suo tempo lanciato: ignorate, ignorate, ignorate. Non date cibo per l’ego di questa gente, piantatela di commentare, di piazzare “reactions” sotto le pagine dei quotidiani “mainstream”, smettetela di fare i morti di fica sotto le foto di Manuela, che sfodera la sua quarta di seno a Gallipoli e cita la Merini perché, oh, “non sono un oggetto, ho anche un’anima”.
Non commentate neppure questa pagina, non mettete nessun “Mi piace”.
Anzi, già che ci siete, segnalatela pure.