Rientrato nella polvere invadente,
d’inospital magione ancor informe,
di lei, Maestà, non più perseguo l’orme,
ma a un Dio, già sibilante, impenitente,
prostrato sto. A quel suo voler sigente,
per tale vocazione, or ora enorme,
ed io, lo sa, mi piego alle sue norme,
m’avvio seduta stante, ed è imminente
l’angoscia tenue d’incerto dimani,
ch’in gola stringe e le nebbie infittisce,
ma seggo e spero il loro diradarsi.
E veggo è sera; né più dimandarsi
s’è un vol che spinge alle sabbie e inasprisce
chi lascia quanto certo, a basse mani.