Serena siedi col capo reclino,
defessa dal pavore tormentoso,
impresso sta il color perspicuo, acquoso,
negli occhi tuoi cerulei e m’avvicino.
In pena cedi al volere divino,
oppressa dal terrore assai morboso,
ossessa da dolor iniquo, ombroso,
di vecchi guai, d’aculei d’un crespino;
ma incendia in te l’ardor di vita piena,
ch’ancor ignori, velato di meto,
pur tuttavia ti pare cosa aliena.
E solitaria, m’irrompi nel mondo,
guardi e languori ch’effondi al me inquieto
e già rivivo, mi riempi, giocondo.