A G.
A te, che pur urlando nel deserto,
che sbraiti ormai perdìto, l’alma in pezzi
supino, il volto volgi al cielo aperto
giacché volsti disfarti de’ tuoi vezzi.
A te, ch’in toto mergi te nell’acque
palustri e furve, d’infero privato,
protenditi a quel Lume che rinacque
da rime. Il meto tuo già t’àn mostrato.
Risali ordunque all’aere in isperanza,
che vento e sol detergano e rinnovin
fiducia in petto e quiete alla tua mente.
Che tu sia libro d’ogne antica usanza,
vetusti l’odi e l’ire in te non covin,
ritorna ad esser pargolo ridente!