Un transito incombente mette fine
al tempo del pusillo ed arto spazio,
per plaga dare al tempo in cui m’ingrazio
la volontà d’un Padre a me ora affine.
E penso a te, mia Laura, a quei tuoi occhi,
nel mentre che il mio corpo resta in quiete,
epistole e parole dolci e liete
che come di campana dei rintocchi,
nel fragile mio marmo fecer crepe
che la tua gentil forza ebbe scalfito.
Aperse danze al crollo delle mura
di quel fortino che, sol per paura,
erigo per rinchiudermi ferito,
in quella tana, ch’anche angusta tepe.