Fanciullo

Muta improvvisa la notte sull’urbe
chiusa, blindata, ristretta nel guscio.
Speme impaziente, fissando quell’uscio
s’apra e ci libri le menti ormai orbe.

Soffio dell’aere, le pelli solinghe,
ante tangevano simil sorelle,
spire di talco, ormai dalle celle
luoghi distanti già volgon raminghe.

Mira, Fanciullo, compagni di giuoco
ombre del nido che scacci crudele.
Volgi, rabbioso, quell’occhi alla vita,

chiama imperiosa, con forza t’invita,
Fato tremendo. Rilascia quel miele,
dolce veneno, t’annienta nel fuoco!

Astruso Sole

Colpi dal petto e calore in crescendo,
nella clausura costretto mi stringo,
solo, cattivo, il pennello m’intingo,
turbo la candida tela, scribendo.

D’esiti antichi non giunge memoria,
posteri atti secreto proietto,
prono in ginocchio d’un Divo al cospetto,
scaccia remota da me vanagloria.

Astruso Sole, vestuto da nembi,
candidi cieli sul grigio deserto,
compiono vici nudati di vita.

Resto quiescente in espera infinita,
d’esser minuto ed inerme ormai certo,
logoro afferro di vesti Tue i lembi.

 

Giuseppe Conte e i Pieni Poteri – Parte 1

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Era stato un lungo viaggio. Quasi dieci ore di volo, più altre due ore in Taxi per raggiungere Zhongnanhai. Il presidente del consiglio dei ministri Giuseppe Conte, nonostante il lungo e faticoso viaggio, mostrava come di consueto il suo impeccabile aplomb, vestito di tutto punto in completo nero, camicia e fazzoletto immacolatissimi e cravatta blu, oltre alle immancabili scarpe oxford nere. Al suo seguito, l’inseparabile Rocco Casalino, portavoce del presidente del consiglio, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, silente e imperscrutabile presidente della Casaleggio Associati.

I quattro avevano finalmente raggiunto la sede del governo della Repubblica Popolare Cinese. Entrarono nel vasto edificio e percorsero le enormi sale all’interno. Giuseppe Conte e Rocco Casalino camminavano qualche metro più indietro rispetto al ministro degli Esteri e al figlio del fondatore del Movimento Cinque Stelle.

– Rocco, amore mio…- biascicò il premier con la sua voce impastata – disciamo che oggi mi sento un po’ teso, ho bisogno di sentirti vicino.

– Beppe… – rispose il responsabile della comunicazione del Movimento Cinque Stelle, con aria tenera e al contempo rassicurante – Io sono la tua ombra, e questo lo sai! – Rocco Casalino guardò Giuseppe Conte con la coda dell’occhio, ammiccò e gli diede una pacca sul culo. Conte si sentì leggermente sollevato, per quanto avesse ormai da tempo maturato la consapevolezza di essersi fatto carico di responsabilità più grandi di lui, nonostante allo stesso tempo non riuscisse a liberarsi della sua smisurata ambizione, ben celata dalle strategie comunicative suggeritegli dalla Casaleggio Associati.

Raggiunsero finalmente lo studio del Presidente della Repubblica Popolare Cinese. Xi Jinping attendeva impettito la delegazione italiana.

– Salve, Presidente Pin… – esordì Di Maio, ma non fece in tempo a terminare il saluto che Rocco Casalino gli tirò una gomitata in pieno stomaco.

– Dopo facciamo i conti, frocetto… – sussurrò fra i denti Rocco Casalino, guardando il ministro degli Esteri di soppiatto. Di Maio si ricompose immediatamente, benché il dolore allo stomaco gli mozzasse il fiato. Due lacrimoni scesero dai suoi occhioni fanciulleschi contriti. Anche Luigi sapeva ormai di essersi infilato in una situazione gigantesca, che non era in grado di gestire, nonostante l’ostentata sicumera mediatica. Erano ormai diverse notti che non dormiva, da tempo si augurava di tornare a fare quanto prima una vita normale, nonostante, al contempo, la politica fosse diventata per lui una dipendenza peggiore dell’eroina, della quale non riusciva più a fare a meno.

– Lietissimo di incontrarla, Presidente Xi Jinping! – proferì Giuseppe Conte, scandendo con precisione il suo nome e porgendo la mano al presidente cinese, con piglio ossequioso e istituzionale.

– Grazie per essere qui, siamo onorati di potervi ospitare per questo colloquio! – rispose Xi Jinping.

– Allora, Presidente – proseguì Conte, con fare vischioso e ruffiano – disciamo che è ben chiaro a tutti il motivo della nostra visita. Sa bene l’amicizia che lega ormai i nostri due paesi, no? Da un punto di vista economico e produttivo siete ormai una grande potenza, sappiamo bene che il vostro è un modello di efficienza riconosciuto a livello mondiale, che ha ormai di gran lunga superato gli Stati Uniti d’America. Ecco perché noi, in qualità di rappresentanti della Repubblica Italiana, volevamo una volta per tutte cercare di esportare il vostro esempio anche nel nostro meraviglioso paese.

– La risposta è semplice, professor Conte, i nostri processi decisionali sono molto più rapidi dei vostri. Qui in Cina, non abbiamo tutte le vostre lungaggini, la vostra burocrazia, noi semplicemente, qui, non abbiamo quella cosa obsoleta che voi chiamate…aspetti, com’è che si chiama, non mi viene la parola?

– Democrazia? – chiese prontamente il presidente del consiglio italiano, trattenendo a stento l’ilarità.

– Esattamente! – fece Xi Jinping.

I cinque scoppiarono in una fragorosa e liberatoria risata. Si davano pacche sulle spalle in maniera cameratesca, come cinque compagni di calcetto, cinque vecchi amici di sempre, in un clima informale e conviviale. Avevano le lacrime agli occhi, per le risa che si erano scatenate.

– Vede, Presidente Xi Jinping – fece Conte, passandosi l’indice sull’occhio destro, per asciugarsi le lacrime causate da quella sonora sghignazzata – il punto è proprio questo. Il progetto politico del Movimento Cinque Stelle è quello di trasformare la nostra democrazia parlamentare in una democrazia di carattere leggermente diverso. Sì, disciamo popolare, come la vostra, ma con la possibilità di lasciare ai cittadini l’ultima parola sulle decisioni del governo, mediante un voto su una piattaforma online chiamata Rousseau. Immagino che ne abbia già sentito parlare. In quel caso, non ci sarebbe la necessità di delegare le decisioni al Parlamento, che potrebbe tranquillamente essere abolito, riducendo enormemente i costi della politica e rendendo più rapida ed effisciente la macchina dello stato. Inoltre, è ben chiaro che non sarebbe neppure necessario avere partiti di opposizione, dato che l’ultima parola spetterebbe sempre e comunque ai singoli cittadini. Noi, come rappresentanti del governo italiano e del Movimento Cinque Stelle, facciamo presente con molta chiarezza e trasparenza che non siamo un partito. Siamo privati scittadini, animati dall’amore e dalla passione per la politica e con una costante tensione verso un concetto ormai considerato desueto da parte dei partiti tradizionali: etica pubblica. Pertanto non possiamo definirci antidemocratici, ben inteso!

– Chiarissimo e molto innovativo! – fece con marcato entusiasmo Xi Jinping – Ma per far sì che il vostro progetto prenda forma, dovete indurre i cittadini italiani a fidarsi ciecamente di voi, dapprima però incutendo loro timore per poi presentarvi come l’unica soluzione possibile alle loro paure…

– Ma a questo ci pensa già Salvini, con la paura dei migranti, del diverso! Quella nicchia è già stata ampiamente occupata! – replicò prontamente Conte.

– Già, ma voi dovrete fare leva sulla più grande paura e angoscia esistenziale che caratterizza l’essere umano… – rispose Xi Jinping, sfregando diabolicamente le mani.

– Sarebbe a dire?

– La paura della morte!

I quattro componenti della delegazione italiana rabbrividirono sincronizzati. Subito dopo, all’unisono, strabuzzarono gli occhi colmi di stupore e di meraviglia, come colti da un’illuminazione simultanea.

– Prego, seguitemi, amici italiani! Venite da questa parte! – fece Xi Jinping.

Il presidente cinese si avviò in fondo allo studio. C’era una tenda nera, che afferrò e scostò. La tenda celava una piccola porta. Il presidente cinese l’aprì.

– Entrate pure! – invitò con fare galante Xi Jinping.

I quattro italiani entrarono e sobbalzarono stupiti nello stesso istante. Era un laboratorio scientifico, al cui interno c’erano delle gabbie per sperimentazioni animali in cui erano rinchiuse delle donne cinesi in sovrappeso, le quali, notata la presenza della delegazione italiana, iniziarono a sbattere le mani furiosamente contro i vetri, grugnendo e urlando con fare animalesco. Saltavano rabbiosamente a destra e a manca, emettendo vocalizzi incomprensibili. Le loro iridi erano completamente scarlatte.

– Vedete, – fece Xi Jinping – queste donne, che tra l’altro sono anche lesbiche, sono affette da un morbo, una nuova malattia, che si chiama Covid-19, o Coronavirus. Dovete solo fare un cenno del capo, e ve ne spediamo qualcuna lì da voi. Avrete senz’altro un laboratorio scientifico analogo a questo, lì in Italia. Ah, a proposito, fate molta attenzione: sono contagiosissime!

Casaleggio, Casalino, Conte e Di Maio si lanciarono occhiate di intesa. Avevano già capito dove voleva andare a parare, quella vecchia volpe del segretario del Partito Comunista Cinese.

– A Codogno, in provincia di Lodi, in effetti i servizi segreti italiani hanno fatto installare un laboratorio scientifico segreto del tutto simile a questo… – rispose Conte, guardando gli altri tre italiani, sorridendo e mostrando le sue graziose fossette. Gli altri annuirono, l’idea poteva funzionare. Eccome, se poteva funzionare.

– Ben fatto! – rispose con entusiasmo Xi Jinping – vi manderemo alcuni esemplari di questi zombie, da tenere nei vostri laboratori. Mi raccomando, ora seguitemi attentamente: dovrete fare in modo che la notizia che il governo italiano tiene prigioniere delle donne lesbiche straniere curvy si sparga nell’ambiente radical chic, in modo che qualche buonista femminista antirazzista no-vax politicamente corretto organizzi una missione segreta per liberarle. A quel punto, saprete anche a chi dare la colpa per il contagio.

Tutti e cinque si guardavano sorridendo e annuendo. I loro sorrisi si tramutarono nuovamente in un’irrefrenabile ilarità. In breve il gruppo si ritrovò nuovamente in un clima goliardico, mentre le risate isteriche, inquietanti e bramose di potere riempivano il laboratorio e le cinesi zombie, al contempo, emettevano urla e grugniti terrificanti.

Tutto era pronto per dare vita a Gaia, il Nuovo Ordine Mondiale voluto dalla Casaleggio Associati.

 

 

 

Stringiamoci a Corte

Una breve riflessione, in un momento difficile e nebuloso quale quello attuale, in merito alla quarantena forzata imposta dall’emergenza Covid-19.

I nostri compatrioti sono soliti confondere, cantando l’Inno di Mameli, il verso Stringiamci a Coorte con Stringiamoci a Corte.

Dopo anni, credo di averne inteso la ragione.

A pensarci bene, Stringiamoci a Corte sottolinea un po’ meglio il nostro reale spirito, la nostra tendenza alla cortigianeria.

Stringiamci a Coorte vorrebbe dire schierarsi, prendere una posizione, assumersi delle responsabilità.

Nah, meglio di no.

Stringiamoci a corte, va, che è meglio!

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Christine Lagarde e la Voragine dello Spread

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Fiera ed impettita, con il suo capello bianco liscio, perfettamente pettinato con la riga a un lato, le labbra contratte da anni di pronuncia francese, la neo presidente della Banca Centrale Europea sedeva in conferenza stampa. Stava pronunciando un delicatissimo discorso sulle azioni che la BCE avrebbe esercitato a supporto dell’emergenza sanitaria e, di conseguenza, economica, causata dal Coronavirus, specialmente in Italia. I mercati restavano in attesa, trepidanti, pronti a pigiare il loro fatidico pulsante su vendere o comprare, a seconda dell’esito scaturito dalle parole dell’avvocatessa francese.

– Diamine! – pensava Christine, intanto che proferiva il suo discorso, delicatissimo per gli equilibri dell’economia Europea – mi sento eccitata come una scolaretta. Io, presidente della Banca Centrale Europea. Io, dopo anni di dure lotte, a dimostrare il mio valore nei confronti di questa società patriarcale, sono qui, seduta su questa poltrona. Io, fiera Parigina. Io, che non devo ringraziare nessuno, ma solo il mio spirito di abnegazione, la mia volontà di potenza. Io, che non posso adeguarmi alla stessa linea di Mario Draghi, certo, ragionevole, ma pur sempre un uomo. Che ne sarà altrimenti della mia unicità, della mia irripetibilità, della mia femminilità? Io, ora, in diretta mondiale, ho l’occasione di mostrare a tutto il mondo che ho le mie idee. Certo, potrei offendere qualche naso dal sangue blu con il mio incedere vanitoso e il mio odore muschiato… oh, Io non sarò mai la  prediletta dei cosiddetti padri dell’Europa, che schioccano la lingua, si allisciano la barba e parlano di cosa deve essere fatto di questa Christine Madeleine Odette Lagarde, nata Lallouette.

E fu così, che Christine Lagarde, pronunciò una frase che avrebbe cambiato per sempre le sue sorti, oltre a quelle dell’Europa intera:

Noi ci saremo, come ho detto prima, usando la massima flessibilità, ma non siamo qui per ridurre lo spread, non è la funzione e la missione della BCE, ci sono altri strumenti per quello.

Sentì un brivido, un moto interiore. Il minuscolo tarlo del dubbio si presentò al cospetto della sua coscienza, come se quell’affermazione, per un istante infinitesimale, non convincesse neppure lei stessa. Rimosse e schiacciò immediatamente quel pensiero nel suo inconscio. Non poteva permettersi crolli d’immagine, specialmente in una situazione come quella.

La conferenza stampa ebbe fine. Christine si alzò sui suoi tacchi e, con passo fiero, quasi militaresco, lasciò la sala per recarsi alla toilette. Si sentiva orgogliosa di se stessa, così come lo sarebbero stati i suoi genitori. Entrò nel bagno, splendente e luccicante, ripulito alla perfezione in suo onore, aprì la porta del WC e vi entrò. Abbassò i pantaloni del suo tailleur grigio, oltre alle mutandine di pizzo nero, e sedette con piglio presidenziale sulla tazza.

Ne approfittò per liberare la vescica. Si sentiva ancora un po’ tesa, anche a causa della scarica di adrenalina che le aveva provocato quel discorso importante. Aveva bisogno di lasciarsi un po’ andare. Terminata la minzione, si ripulì con delle salviette umide e indugiò per qualche istante sulla sua fica presidenziale, disegnando piccoli cerchietti attraverso la salvietta sul suo clitoride, prorompente con orgoglio dalla sua rugosa vulva dal sapore transalpino. S’interruppe, rendendosi conto che non era quello il momento, né il luogo adatto.

Ancora seduta sul gabinetto, estrasse dunque lo smartphone dalla tasca della giacca del tailleur. Era ben certa che i mercati avrebbero risposto in maniera estremamente positiva al suo discorso. Mostrando con fierezza il mento, mentre le rughe del suo collo ossuto si tendevano, iniziò a scorrere le notizie dei principali quotidiani. Di colpo, il suo sguardo si fece glaciale, colta d’improvviso da un profondo panico.

– Mon Dieu… – pensò la Presidente.

Dette una scorsa rapida e furiosa a tutti i principali quotidiani. Il suo discorso aveva causato una catastrofe nei mercati senza precedenti: Milano -16.9%, Parigi e Francoforte -12%, Londra -10.9%. Tutti le principali prime pagine la incolpavano per quella frase. Cominciò ad avvertire un senso di vertigine e di nausea. Si sentiva in procinto di vomitare. Si alzò dal cesso, adagiò le mani sulla tavoletta, affannata e sudata, ma, poco prima di rimettere, udì una voce terrificante provenire dalla tazza:

– Tu, vecchia baldracca!

Christine cacciò un urlo e si allontanò di colpo dal cesso, andando a sbattere contro la porta della latrina. Stava per piangere, mentre brividi di paura e di colpa la scuotevano tutta.

– Chi…chi sei? Chi ha parlato? Non farmi del male! Ti scongiuro!

– Tu, razza di Nonna Abelarda! Sono la Voragine dello Spread. Guarda che cazzo di casino hai combinato, vecchia gallinaccia! Tutto questo per colpa delle tue manie di protagonismo! Adesso, farò provare sulla tua pelle il peso dei mercati orso. Sei pronta, vegliarda?

– Cosa vuoi farmi? Fammi andare a casa! Mamma, Papà, aiuto! Aiutatemi! Fatemi uscire di qui!

Con la forza devastante di un tornado, il cesso cominciò a risucchiare l’aria circostante. Christine si aggrappò alla maniglia della porta, con le sue dita secche e ossute, mentre la corrente la faceva sventolare come una miserabile bandiera, al cui vertice prorompeva il suo culo nudo e rinsecchito. La presidente della BCE tentò con tutte le sue forze di resistere, ma la forza di quel risucchio era tale che, ben presto, le sue povere e deboli mani dovettero cedere.

Finì rovinosamente nel cesso, di piedi. Sentì, con angoscia, il rumore dello sciacquone, sapeva cosa la attendeva a breve. La Lagarde cominciò a girare su se stessa, con le braccia rivolte verso l’alto, mentre scendeva sempre più in basso, nelle acque ristagnanti e virulente della voragine dello spread. La latrina era ormai colma di un odore insopportabile di piscio, di merda, di Coronavirus e di vecchia presuntuosa.

– No, aiuto! Cazzo! Non può finire così! No…blubb…no…blubb…aiut…blubb..blubb…

– Vai a fare compagnia ai titoli di stato italiani adesso, vecchia rottainculo! – pronunciò con voce grave e severa il cesso, il quale, finito di tirare lo sciacquone, ingoiò definitivamente nei bassifondi della cloaca l’ormai ex Presidente della Banca Centrale Europea.

Il cesso emise un rutto, compiaciuto e saziato da quel lauto pasto.

L’indomani, avrebbero dovuto nominare un nuovo presidente per la BCE.

 

 

Ira Motrice

L’antico nido ch’impugna il suo sale,
sulla cesura manciata vi versa
d’origo antica, da nebbia sommersa,
brama dominio, severa vestale.

Brucia, la bruma dà luce a rimorsi
d’odio e d’offese, su l’ignaro schiavo,
secutor cieco talvolta anch’ignavo,
nel petto urla e grugniti e poi morsi.

Ira motrice
forza mi doni,
fuga m’imponi
cubil vindice.

Vestre maestati,
l’urbe mia attende,
core, riprendi
batti e levàti.

Alle Stelle Piangente

Equa ed annienta il crociato recente,
strazio silente ch’acuto impigrisce,
questo perduto legame esperisce
lume di Venere fioca a ponente.

Paca il profluvio dell’acque ch’immote,
torbide e ferme, imago che schiaccia,
mostransi fusche, non soffia bonaccia,
parche di vita e letizie remote.

Mite silenzio frastuono diviene,
ira funesta che scuote tremante
l’ossa e le carni, libido imperante
di guerra bruta dal ventre suvviene.

Rogo che l’ira s’in lacrime volga,
pace e sollazzo al cor mio porga in doni,
dilanin greggi coi denti i leoni,
che questo grave dall’alma distolga.

Sciogliti, librati, strazio invadente,
stràppami via quelle vesti sudate,
da queste membra lontane volate,
opto star ‘gnudo alle stelle piangente.