Horror Vacui

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Dobbiamo riempire il nostro vuoto interiore.

Dobbiamo riempirlo di immondizia, come se fosse una discarica.

Diamo spazio pertanto al rimorso, al rancore, alla vendetta, all’odio, alla rabbia, al pettegolezzo, alla lamentela.

Dobbiamo riempire il vuoto, a qualsiasi costo. Chi lo guarda troppo a lungo, rischia la follia.

Per celebrare una vita degna, gettiamo nel vuoto palate di merda fumante, lasciamo decantare e riposare per molto tempo, mesi, anni, decenni, finché il tutto non si sarà cristallizzato, cronicizzato e infine trasformato in un bel malanno psicosomatico.

E’ questa la via per la gioia e la felicità, cara umanità, care bestie strane, errori evolutivi, virus con le scarpe, come vi definiva Bill Hicks.

 

 

La Posta di Dino – Politica

Caro Dino,
mi piacerebbe sapere per chi voti e quali sono a grandi linee le tue idee in fatto di politica.
Mirello (Celle Ligure) 

Ciao Mirello,

ti dirò con estrema onestà come la penso in merito.

Pubblicamente, sul posto di lavoro, in famiglia e tra amici, mi spaccio per democratico, vicino alle minoranze e favorevole ai diritti civili e alla parità dei sessi. Ostento pertanto una simpatia per il PD, dichiarandomi antifascista, antinazista, femminista, partigiano, costituzionalista, animalista, gay-friendly e tutto quanto faccia parte dell’universo politically correct e radical chic. Faccio tutto questo unicamente per una questione di reputazione e di apparenza, per non dare nell’occhio e non perdere mai il mio charme e il mio prestigio agli occhi degli altri.

Quando rientro a casa, però, lontano da occhi indiscreti, nella solitudine e nell’oscurità del mio studiolo, ormai in totale intimità con me stesso, do libero sfogo a quello che penso davvero: auspico da sempre, per le prossime elezioni, una vittoria schiacciante e clamorosa della Lega di Matteo Salvini su scala nazionale, con percentuali bulgare vicine all’80%. Sogno ad occhi aperti una realtà in cui lui assuma per davvero i pieni poteri, cancelli una volta per tutte la nostra Costituzione, definita “la più bella del mondo”, introduca uno stato di polizia repressivo che controlli ogni aspetto della nostra vita e ci liberi una volta per tutte da questo regime stucchevole di intellettuali vellutati convinti di essere dalla parte del giusto perché colti, instaurando un regime totalitario sovranista e autarchico che ci porti fuori dall’Unione Europea.

Oltre a questo, c’è un altro sogno che mi sento di confessarti apertamente: mi piacerebbe vivere in un paese in cui Matteo Salvini venga osannato con un dignitoso culto della personalità, a guisa di quanto si fece in URSS per l’amatissimo compagno Iosif Vissarionovič Džugašvili, per gli amici Stalin, un vero maestro delle dittature e un esempio da seguire. Sogno un’Italia in cui ogni domenica vengano organizzate parate dell’Esercito Italiano in onore del Capitano, con quadri, fotografie e poster ovunque, nelle scuole, negli ospedali, nei luoghi di lavoro, pubblici e privati, e statue del leader leghista nelle principali piazze italiane.

Sono nato e cresciuto unicamente in un contesto democratico, mi piacerebbe fare l’esperienza di un regime totalitario nel mio paese, per vivere una nuova ed eccitantissima avventura. Tutto qui.

Infine, mi auguro che in Vaticano, come successore di Francesco, sopraggiunga al contempo un Papa ultraconservatore, alla stregua di Pio XII, che ridia lustro e vigore alla Chiesa Cattolica e che intervenga pesantemente nelle decisioni del governo italiano, imponendo l’abolizione dell’aborto e del divorzio e che stabilisca ex cathedra che questi ultimi atti, assieme a omosessualità, masturbazione ed eutanasia siano considerati tutti peccati mortali della stessa gravità dell’omicidio, per i quali venga negata l’assoluzione in caso di confessione, in modo da condannare all’inferno chiunque si macchi di queste colpe.

Credo di aver espresso il punto di vista del 100% degli italiani, impegnati come me a fingersi buoni, democratici e caramellosi, ma inconsapevoli di questo sogno latente nelle loro coscienze represse.

You may say I’m a dreamer, but I’m not the only one, cantava il vecchio John Lennon.

Mi sento meglio ad avertene parlato.

Cordialità

Dino Veniti

La Posta di Dino – Paturnia di una sorella affettuosa

Caro Dino,

mi chiamo B., e ho 34 anni. Ho iniziato a leggere il tuo blog e ti confesso che non riesco ancora a capire se tu sia completamente fuori di melone oppure hai capito tutto dalla vita.
Visto che inviti le persone a scriverti per raccontarti le loro paturnie, come le chiami tu, vado direttamente al dunque e ti metto alla prova. Hanno diagnosticato un tumore a mio fratello di 38 anni. Per il momento è incapsulato e dovrebbe essere rimovibile con una rapida operazione chirurgica. Ciò nonostante, la notizia mi ha colta totalmente alla sprovvista e mi ha destabilizzata. Mi sento in colpa perché la vita mi sta portando altrove, lo sento di rado e non ho la più pallida idea di come stargli vicino. Non oso neppure telefonare ai miei genitori, che ormai pronti a godersi la vecchiaia e la pensione, con due figli sistemati, si sono trovati di fronte a questa incombenza inaspettata.
Questo apparente cinismo con cui ti approcci alla vita, nasconde dal mio punto di vista una grande sensibilità, per cui sono davvero curiosa di leggere la tua risposta. Non cerco buoni consigli, solo un segno. Grazie.

Ciao B.,

cerchi un segno da me? Non sono né un profeta e né un guru. Ribadisco innanzitutto un concetto: io non esisto. Qualora esistessi, sarei il più miserabile essere umano mai apparso sulla faccia della terra, un egoista, un vigliacco, un bullo, un traditore, un ambizioso assetato di potere, un manipolatore, un esibizionista, un istrione, un narcisista e un peccatore.

Veniamo ora alla tua paturnia.

Queste cose non dovrebbero mai accadere, eppure succedono. Nonostante questi tempi caramellosi da paese dei balocchi, la gente continua ad ammalarsi, ma pensa un po’. Nonostante ci si affanni a ricercare istante per istante la felicità, girovagando di festa in festa, ostentando i nostri sorrisi tirati, fino ad avere le mandibole indolenzite, in compagnia di gente della quale non ce ne frega un beneamato cazzo, ma che frequentiamo per non sentirci soli, senza sapere che stiamo vivendo solo una parte della vita, visto che il dolore e la gioia si integrano e si completano armonicamente a vicenda. Sono millenni che provano a spiegarci questo concetto, ma siamo così bravi e testardi nel prenderci per i fondelli che l’umanità non ci arriverà mai a comprendere e metabolizzare questo aspetto elementare della vita.

Ma non divaghiamo.

Posso ben immaginare cosa sia accaduto una volta ricevuta la notizia. Il colpo arriva in pieno petto e scoperchia il vaso di Pandora. Ricordi, gioie, dolori, sensi di colpa di qualsiasi tipo iniziano ad emergere. “Se solo avessi telefonato a mio fratello una volta in più, se solo fossi andata a trovarlo più spesso!”, avrai pensato, vero? E’ una cosa estremamente destabilizzante. D’altro canto, questi eventi sono anche opportunità di riflessione e cambiamento, che però dobbiamo essere in grado di cogliere. Siamo noi a dover decidere di fare questo passo.

In certi casi, la prima scelta che istintivamente e impulsivamente siamo portati a fare, in una situazione di questo tipo, è quella di mollare tutto quello che stiamo portando avanti con fatica e sacrificarci per il bene della persona amata. In realtà, una decisione di questo tipo, apparentemente mossa dall’amore, nasconde una velata forma di esibizionismo, di esercizio del potere e di compiacimento verso noi stessi e gli altri, ed è scaturita, principalmente, dal senso di colpa. Una scelta di questo tipo serve a sentirci a posto con la coscienza, ma è fatta alla cieca, ignorando ciò di cui ha bisogno la persona amata e soprattutto non fermandosi neppure per un momento a pensare se questa possa essere la decisione più importante e giusta per noi. Il grosso rischio è quello di cadere nell’ottica del sacrificio ostentato, con il serio rischio di ritrovarsi invischiati nelle sabbie mobili del rimpianto e del rancore verso la persona stessa che soffre.

Purtroppo, che piaccia o no, non esiste nessuna persona più importante di noi stessi e innanzitutto, in una situazione simile, occorre tutelarci. In che modo, mi chiederai? Rispettando il nostro dolore, guardandolo in faccia, vivendolo, buttandolo fuori a suon di lacrime, quando e se ci riusciamo, perché non è così scontato, e cercando di cavalcarlo, perché senz’altro ci condurrà da qualche parte, a capire qualcosa in più di noi e del mondo che ci circonda.

Ti dirò di più. Non è solo dolore, quello che dobbiamo guardare in maniera oggettiva, ma qualsiasi forma in cui quest’ultimo si manifesta: rabbia, rancore, rimpianti, odio. Perché potrà succederti, di sentirti incazzata con tuo fratello e di sentire di detestarlo, nonostante la circostanza non lo consenta. E lo sai perché? Perché ti ha distratto dalla tua vita e dalla tua serenità, con la sua malattia.

A quel punto, se vuoi far qualcosa per lui, devi iniziare a fare qualcosa per te. I tuoi genitori, a loro volta, dovranno fare i conti da soli con questa terribile incombenza, e non è tuo compito consolarli. Tu, nel frattempo, tutelati e aiutati, in qualsiasi modo.

Ogni sofferenza è profondamente personale. Ed è questo il motivo per cui, purtroppo, credo che il dolore in molti casi non riavvicini le persone, ma le allontani ancora di più. Gli eventi dolorosi come questo, nei casi peggiori, possono addirittura distruggere famiglie e amicizie. Non sempre, ovviamente, ma capita. E’ la vita. Ognuno elabora le cose con i suoi tempi, che vanno rispettati.

Abbi cura di te. Inaspettatamente e improvvisamente, troverai il tuo modo personalissimo di stare vicina a tuo fratello, anche a distanza. Credimi. Te lo dice uno che di lutti ne ha superati parecchi, incluso il fatto di non esistere.

Infine, ti rassicuro su una cosa: ami profondamente tuo fratello. Non mi avresti scritto altrimenti.

In bocca al lupo.

Dino Veniti

Dino Veniti III

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Dino Veniti Terzo.

Che classe.

Un altro Veniti in dirittura d’arrivo sul pianeta terra. Frutto del mio seme, un essere che rasenterà la perfezione, bello come il sole, ma soprattutto impeccabile e irreprensibile.

Un uomo tutto d’un pezzo sarà, questo mio pezzo di cuore. Bello, pettinato come il suo papà, elegantissimo ed educato.

Sarà mia cura plasmarlo a mia sacra immagine, sarà mio compito trasmettergli quelle doti e quei talenti che hanno contraddistinto la nostra stirpe. Noi, i Veniti, alla stregua di semidei, da generazioni abbiamo l’intento di dominare il mondo, mediante la nostra perfezione, i nostri modi educati ed eleganti, il nostro agire a guisa di cavalieri senza macchia e senza peccato. Noi siamo i Veniti, eccellenze in fatto di morale ed etica, assolutamente perfetti, nobili dal sangue blu, maestri di camaleontismo, perfettamente a nostro agio in qualsiasi contesto storico, economico, politico, sociale e religioso.

E da generazioni, chiunque si interfacci alle nostre persone, coccolato dai nostri modi affettati e carezzevoli, ormai entrato in intimità, completamente fiducioso nei nostri confronti, all’improvviso: ZAC! ZAC! ZAC! Viene fatto a fette dalla crudezza del nostro realismo.

Ordunque, papà ti aspetta, Dino Veniti III. Antropomorfo o in brandelli di endometrio sfaldato, servito su un assorbente igienico, con un contorno di spinaci.

 

 

 

 

Impotenza

Senti un senso di impotenza che ti schiaccia il petto, quando ti comunicano che qualcuno a te molto vicino si è ammalato.

Alzi la cornetta, ti sforzi di essere fermo e rassicurante, cerchi di vincere il profondo imbarazzo dovuto al fatto che non ti fai sentire praticamente mai.

Tenti di sviare il discorso e di parlare d’altro, addirittura di progetti futuri, di incontri.

Provi a essere rassicurante, ché non è accaduto nulla, ché tutto si risolverà con una piccola operazione, e magari andrà proprio così, mentre in realtà non sai davvero di cosa cazzo parlare e ti vergogni mortalmente perché lo sai anche tu che stai dicendo un mucchio di stronzate che non pensi, perché un tumore non è mai uno scherzo, né per chi se lo becca, né per i suoi familiari.

La verità è che non riesci a immaginare neppure come possa sentirsi la persona all’altro capo del telefono.

E ti senti impotente e in colpa, perché è così: non puoi farci veramente nulla. Non hai la minima briciola di potere per riuscire a guarire l’altra persona, per rassicurarla, niente di niente.

E c’è un’altra verità, ancora più difficile da riconoscere e da ammettere a se stessi: la persona che si ammala ti fa pure incazzare. Come si permette di ammalarsi e di farmi soffrire? Come osa distogliermi dai miei obiettivi, dai miei progetti, dai miei spazi? Come osa invadere il mio territorio ed esigere indirettamente le mie attenzioni, con la sua malattia?

E c’è di più. So già che, se nei prossimi giorni ci saranno momenti in cui non sentirò il dolore, e inizierò a sentirmi in colpa anche per questo.

Dio mio, ma quante altre sberle mi vuoi dare? Sono cinque anni che va avanti questa storia. Non è sufficiente? I novantenni non si ammalano più? Fai crepare qualche vecchio centenario ogni tanto, e che cazzo!

Amici, parenti, possibilmente giovani e sotto i quarantacinque anni: c’è qualcun altro di voi che deve beccarsi un tumore? Una leucemia? Chi sarà il prossimo? Fatemi sapere, avanti. Ammalatevi tutti. Coraggio, fatemi pesare il vostro dolore, mentre io sto bene e me la spasso, cazzo.

E il groppo in gola si fa di nuovo grosso e torna a soffocarmi.

Sono un uomo fortunato, nonostante tutto. La Vita mi ha dato e mi sta dando veramente tanto. Dopo tanti anni, non l’avrei mai detto, sono un uomo sereno e a volte anche felice.

Fa terribilmente male, però, vedere che le persone a cui vuoi bene e che ami soffrono.

Tutto ha un prezzo. E chi ami e ti ama, quasi mai ti segue.

 

 

 

Non Voglio Una Pelle Splendida

Papà,

nella tua onnipotenza, sei naturalmente a conoscenza di quanto cantano gli Afterhours: voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida a salvarmi.

Te lo dico con molta chiarezza.

Non è ciò che voglio io.

Voglio, esigo, pretendo, impongo profondità.

Voglio, esigo, pretendo, impongo realtà, bruciante, dolorosa, soffocante, ma formativa, temprante, consapevolizzante.

Voglio, esigo, pretendo, impongo totalità.

Voglio, esigo, pretendo, impongo Vita.

Voglio, esigo, pretendo, impongo Verità.

Processo irreversibile, inarrestabile, indietro non si torna. Qualcuno ha il fegato di seguirmi in questo viaggio?

Ed è quello che vuole, in fondo, anche Manuel Agnelli. Lo saprà questo?

Ed è per questo che questa canzone, testo e musica, è pura poesia e ricerca dell’Infinito.

Devo solo capire se preferisco la versione originale o quella con Samuel Romano.

Buon ascolto a te Papà, e a voi tutti.

Amen

Preghiera per chi soffre

Papà,

ho bisogno di chiederti una cortesia.

Riesci a mandare un segno a chi soffre?

Puoi mandare un messaggio a chi fa i conti con i propri tormenti interiori e non riesce a venirne a capo?

Puoi indicare la via d’uscita a chi si è perso all’inferno, come hai fatto con me, che una volta fuori ho scoperto di avere dei talenti che non sospettavo di avere?

Ho navigato a lungo nel buio e adesso so orientarmi, mi sono immerso a lungo in acque profonde e adesso so tollerare l’enorme pressione e di questo ti sarò eternamente grato.

Ora lo so bene, che non sono solo.

Non siamo soli.

Amen

Amare nel ricordo

Come mai mi manchi così tanto, amore mio?

Che cosa mi manca precisamente?

I tuoi occhi, forse? La tua riservatezza? Quel perderti silenziosa nei tuoi pensieri mentre ti abbracciavo da dietro e posavi le tue mani sulle mie braccia?

Sei stata importante, per me. E’ stato, dopo anni, l’amore dirompente, improvviso, che mi ha terrorizzato. Non mi ricordavo più come si facesse ad amare, non sapevo neppure da dove cominciare.

Sono sorpreso dalla mia stessa nostalgia. Come passi le tue giornate adesso? Ci vai ancora in palestra? Hai ancora l’entusiasmo della novità? Quella voglia di rimetterti in gioco, di uscire dal torpore di una vita rassegnata e monotona? O ti sei rassegnata all’infelicità?

Mi pensi? Senti anche tu la mia mancanza?

Credo di sì. Ho sempre pensato che la nostalgia, l’amore e la mancanza siano reciproci. Non posso credere al fatto che io non ti manchi, anche se magari lo negherai a te stessa.

Perché, a malincuore, hai deciso di andare a Granada? Speravi forse che avrei accettato la tua decisione?

L’ho accettata, alla fine. Con amarezza e rassegnazione. E ho deciso di non scriverti e di non chiamarti più.

E non ti chiamerò, non ti scriverò, anche se mi manchi da morire, amore mio.

E grazie, per tutto l’amore e la pazienza che mi hai dato. Quell’amore fatto di piccoli gesti, come quando mi sono commosso quando volevi rifare il letto della mia stanza d’albergo e te l’ho impedito.

E ricordo ancora con commozione quell’ultima domenica sera, in quel cinema scalcinato, mentre mi abbracciavi e mi guardavi negli occhi, con quel sorriso così genuino, così innamorato.

Grazie di tutto, amore mio. Chissà se leggerai mai queste parole, se un giorno troverò un modo per fartele pervenire.

 

Della droga

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Si è detto di tutto, sulla droga.

Siamo cresciuti con l’idea che la droga faccia male.

La droga pericolosa, la droga usata come via di fuga dalla noia, dal dolore, la droga come compensazione di un disagio personale, familiare, sociale.

Tutto vero, per carità, tutto giusto e sacrosanto, dobbiamo proteggere i nostri ragazzi dalla droga, per sentirci più buoni, più giusti, più membri elitari di questa bella società batuffolosa, cremosa e caramellosa.

Eppure, non dimentichiamoci di una cosa fondamentale, forse del motivo principe per cui si fa uso di sostanze stupefacenti: la droga inebria, diverte, dà tantissimo piacere e consente di farsi nuovi amici.

La droga è stupenda, il caso è chiuso.